Australia, 1931. Tre bambine camminano per mano sullo sfondo di un paesaggio assolato e senza confini. Sono meticce: le autorità le hanno strappate alle loro famiglie "per il loro bene", al fine di civilizzarle e di farle figliare con uomini bianchi. In questo modo, nel giro di qualche generazione la pelle dei loro pronipoti sarà chiara.Si tratta di un programma che ricorda quello nazista, più noto, di Liebensborn, che prevedeva che i bambini non ariani ma con i capelli biondi e la pelle chiara venissero cresciuti dal Reich come veri tedeschi. Le autorità australiane all'inizio del Novecento ricorrono a questo tipo di intervento per risolvere alla radice il problema della convivenza con la cultura aborigena: basta eliminarla. Sradicate dalla loro civiltà, ritenuta inferiore, e dalla loro cultura, le bimbe sono destinate a perdere la loro mamma, la loro lingua, la loro identità. Questa non è una una fantasia, ma una storia realmente avvenuta: la bambina a cui si ispira il romanzo "the Rabbit-Proof Fence" di Doris Pilkinton Garimara, da cui è tratto il film, è Molly, la madre della scrittrice stessa. Molly, dopo aver subito da bambina l'allontanamento dalla sua famiglia, da donna si vedrà strappare allo stesso modo due figlie: solo una di loro riuscirà a tornare a casa.
Vediamo Molly, sua sorella e sua cugina guardare allibite quel che avviene intorno a loro nel "Moore River Native Settlement", dove sono state deportate. Spaventate, ferite dal distacco, sole, queste tre piccole non si arrendono: decidono di fuggire. Lo decidono senza parlare: nel linguaggio universale dei bambini, fatto di sguardi, di mani che si stringono. Lo decidono sulla scia di una parola che a quell'età è la più importante, la prima che pronunciano tutti i bimbi del mondo: mamma. Gli uomini che le hanno prese cercano di convincerle che la madre non le ama: dicono che devono dimenticarla. Molly non crede a una sola parola. Molti anni dopo, ormai anziana, ricorda: " Altri bambini erano troppo piccoli, quando sono stati presi non conoscevano la mamma. Io ero più grande, l'avevo conosciuta: volevo tornare a casa".
Le tre piccole camminano. La strada è lunghissima, ma c'è una direzione precisa da seguire: la indica la Rabbit- Proof Fence, una recinzione che attraversa l'Australia al fine di difendere i campi dall'invadenza dei conigli. Il loro sguardo, profondo e limpido, non ci parla di paura, né di solitudine o di nostalgia: ci mostra orgoglio, coraggio, determinazione.
Molly, in particolare, si comporta come una piccola adulta: guida le altre due, le sostiene, quando necessario le porta in braccio. All'inizio della lunga fuga, guada il fiume per prima per infondere loro fiducia, apre il cammino.Due uomini si avvicinano: costituiscono un pericolo? Molly, protettiva, fa nascondere le altre dietro un albero; poi si fa avanti per capire se si tratti di amici o di nemici. A gesti comunica coi due: si fa dare un cerino e la coscia di un animale appena ucciso. Accende il fuoco, sfama la sorella e la cuginetta: pur così piccola, è responsabile delle loro vite. Riuscirà a tornare a casa insieme a loro? Nei suoi occhi ci sono una forza, una determinazione ben più grandi dei suoi piccoli anni: una volontà tenace le illumina il cammino come una cometa, le indica la strada come un uccello in mezzo al deserto, che a un certo punto le fa capire quanto l'acqua sia ormai vicina.
A guidarla, un istinto ancestrale: quello che, come recita una celebre lirica di Saffo, riporta al recinto la capra, riporta la pecora, e forse riporterà la figlia alla madre.
SteppenWolf