L’album Gold, del 2008, raccoglie in due ricchi cd trentuno fra le più belle canzoni dei Cramberries. Ho voglia di soffermarmi un po’ su Zombie, del 1994: questo brano è rimasto nelle orecchie ma anche negli occhi di tanti ragazzi della mia generazione grazie al sound potente, alla voce liquida di Dolores O’Riordan che penetra dritto nelle viscere, al testo che interroga le coscienze. Dolores ha raccontato in un’intervista di qualche anno fa che il brano è emerso da lei al di là della sua volontà, mentre suonava la chitarra elettrica: accordo dopo accordo è uscito dalle corde dello strumento e dalla sua gola, si è “fatto” da sé. Solo in un secondo momento si sono aggiunti gli altri strumenti, che hanno dato corpo e sostegno alle note crude, singhiozzate, talvolta urlate che erano emerse dall’anima di Dolores.
Il brano trae ispirazione dalla guerriglia che in troppe occasioni ha insanguinato l’Irlanda. Nel 1993, in particolare, un bambino morì a causa di una bomba piazzata dall’IRA a Warrington, in Inghilterra: altre cinquanta persone rimasero ferite nell’attentato. Dolores in quel momento era in Inghilterra e si sentiva in imbarazzo per il solo fatto di essere irlandese. Quella notte compose la canzone, che ripercorre un secolo pieno di violenza, “since 1916”: l’anno della cosiddetta Insurrezione di Pasqua, ribellione dei nazionalisti irlandesi che pretendevano l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Nel video tanti bambini cercano scampo dalla violenza scappando sui tetti, saltano da uno all’altro come scimmie. Li vediamo un istante dopo ai piedi di una croce, davanti alla quale si erge Dolores. I piccoli, ricoperti di vernice dorata come lei, reggono in mano archi e frecce; hanno una corona di spine sulla testa. Nel frattempo, fuori, gli scontri continuano: i ragazzini ora non fuggono più, hanno imparato il gioco agghiacciante della violenza e si scagliano l’uno contro l’altro con travi di legno. Qualcosa, però, a un certo punto cambia: i ragazzini che circondano Dolores si prendono per mano e iniziano a urlare. I loro visi ricordano il famoso quadro di Munch: il loro è un urlo di orrore ma anche di rivolta, una catena fragile ma al tempo stesso tenace che pretende la fine di una violenza assurda ai danni dei deboli. Il loro grido chiama, invoca, pretende la pace. La cantante ha precisato che la canzone, pur ispirata a una situazione particolare, è una rivolta contro tutte le guerre, nel nome della necessità vitale della concordia e dell’armonia.
SteppenWolf