“Come tu hai il senso di Dio, io ho il senso della neve”. Queste le parole di Smilla (Julia Ormond) a una delle poche persone disposte ad aiutarla nella sua pericolosissima ricerca. Come può una donna sola, senza la formazione dell’investigatore e senza nessun aiuto esterno sicuro, mettersi contro una potentissima azienda disposta a tutto pur di metterla a tacere?
Lei è cresciuta nell’orizzonte immenso della Groenlandia, un posto in cui lo spazio bianco si estende all’infinito e lo sguardo non ha confini. Da quando la madre è morta lasciandola bambina, Smilla vive in Danimarca. Una terra in cui si è sempre sentita in esilio, ha collezionato una serie di disastri scolastici e due arresti. Vive sola e fugge l’amore come fosse una condanna. Non sopporta nulla che la faccia sentire costretta. L’unico suo rifugio è la matematica: per lei è la vastità infinita, i numeri non hanno termine. La loro storia ripercorre quella di un bambino. Dapprima impara a riconoscere le singole individualità, i numeri naturali. Poi inizia a provare desideri, e si apre ai numeri negativi: la percezione di una mancanza. Più tardi si accorge di ciò che c’è fra le cose: i numeri frazionari.
E’ proprio per un bambino (Isaiah, il giovane attore Clipper Miano) che Smilla sfida tutte le sue le sue paure più grandi. La minacciano di rinchiuderla, ma lei non si ferma. Un uomo (Gabriel Byrne) le si avvicina e pur avendo tutti i motivi per dubitare di lui, l’algida e pungente Smilla si innamora.
Ha qualcosa di importante a cui pensare, ora. I suoi fantasmi passano in secondo piano di fronte alla necessità di vendicare il suo Isaiah.
Un bambino di sei anni. Non suo figlio: un suo amico. Groenlandese, come lei. Il padre è morto, la mamma alcolista. Chissà perché, ha cercato rifugio proprio nell’appartamento di Smilla, nello stesso condominio. E lei, che non lascia avvicinare nessuno- proprio nessuno- alla sua intimità, l’ha accolto. Il bambino veniva da lei quando la mamma beveva tanto da star male. Quando lei litigava con quelle strane persone che la venivano a trovare dopo la morte del marito. Quando era sconvolto dopo una delle visite mensili all’ospedale, che lo spaventavano tanto.
Isaiah ora è morto. Caduto dal tetto “mentre giocava”. Smillah ne ha visto le impronte e sa che non può essere stato un incidente! Lei conosce la neve. Conosce almeno nove parole per nominarla: c’è la neve che cade, la neve morbida, quella con cui non si deve mai e poi mai costruire una casa... e c’è la neve che reca le impronte di Isaiah. Quelle impronte parlano. Non di un bambino che giocava, ma di un bambino terrorizzato, che scivola dal tetto perché è inseguito da qualcuno che lo ucciderà comunque. Qualcuno che lo terrorizza tanto da fargli vincere la sua paura più grande: quella per l’altezza.
Smilla non sa come fare e non ha le risorse per capire chi l’ha ucciso e perché; eppure non si darà pace finché non l’avrà saputo, e avrà la forza di fare cose che non aveva idea di poter affrontare.
Perché l’amicizia è un valore senza pari e senza età. Perché fare qualcosa per quel bambino, che era parte di lei, significa anche fare qualcosa per se stessa.
PollyAnna