A volte la vita va guardata in faccia: al di là delle belle parole, come flessibilità e versatilità, c’è una realtà cruda, fatta di persone che non riescono a guardare avanti perché sono troppo impegnate ad arrabattarsi per sopravvivere; che fanno fatica a concepire un progetto o a credere in qualcosa perché sono troppo impegnate a tenersi al galla.
La vita dei protagonisti ruota attorno a un condominio vicino al Raccordo Anulare, vicino a un enorme call center. E’ qui che i racconti si snodano e si intersecano. Sono storie di mancanze e di perdite. Di persone che hanno un “qualcosa in meno” che le rende inadeguate e monche. Eppure la voglia di vivere e ribellarsi è più forte…
Ci sono Nicola e Salvatore, due fratelli che hanno perso i genitori. La madre è morta per aver ingerito accidentalmente dell’acido, il padre aveva affari poco puliti e se n’è andato. Probabilmente è morto. I due ragazzi vivono con lo zio, sempre più assente e totalmente incapace di occuparsi anche di se stesso. Salvatore, il più piccolo, deve crescersi da solo: nessuno ha tempo di occuparsene. Ma la mente di un bambino è piena di risorse, e la sua fantasia trova ovunque appigli per volare. Da una casa all’altra, dal condominio al centro commerciale. Come un gatto selvatico, sa districarsi nel groviglio di una giungla tutta grigia.
Nel secondo capitolo incontriamo una ragazza che la vita ha colpito, sin da subito, nella sua femminilità: ha “la bocca marcia”, un labbro leporino che la rende irreversibilmente inadeguata al modello socialmente imposto, quello delle barbie e delle modelle perfette. Marinella è carina, intelligente, avrebbe tanto da dire; ma gli occhi degli altri “cascano sempre sulla magagna”, su quel difetto impossibile da nascondere e che a sua volta rende invisibile tutto il resto.
La vita di Nicola, il “fratello grande”, non è certo una passeggiata. Assomiglia più a una giostra, una di quelle che girano sempre in tondo. Il primo giro è divertente. Il decimo comincia ad annoiare. Poi arriva l’esasperazione. Sì, perché Nicola lavora di notte in un call center. Lo scopo delle sue nottate è tenere la gente al telefono per almeno due minuti. Da otto anni, invece che dormire e sognare, quando cala la sera riceve chiamate da gente di tutti i tipi, che lo chiama per avere informazioni, per sfogare repressioni sessuali importunando le operatrici, o anche solo per sentire una voce.
Nell’ultima parte del libro, infine, conosciamo la signorina Patrizia, che avevamo già incontrato nel primo, quando Salvatore andando a bagnare le piante nel suo appartamento fantasticava su un’improbabile avventura erotica con lei. Quando detonazione aveva fatto esplodere il suo appartamento. Patrizia lavora di giorno nello stesso call center di Nicola. Passando le proprie giornate a ripetere “Buongiorno, in cosa posso esserle utile?” si può dimenticare chi si è. Si può dimenticare di avere uno spessore, dei pensieri, una sensibilità. Eppure la testa continua a pensare e il cuore, incoercibile, a battere…
E’ questa la realtà che Ascanio Celestini ci racconta con un linguaggio crudo ed espressivo, che come un camaleonte riproduce i colori delle quattro storie che si intersecano in queste pagine e li mette davanti ai nostri occhi. Così possiamo immergerci nella drammaticità delle situazioni, sentire la forza vitale e l’energia istintiva, quasi primordiale e proprio per questo potente, con cui vengono affrontate: tra una parolaccia, una bestemmia contro un Dio che pare non curarsi di nulla e una voglia insopprimibile di riscattarsi. Di guardare avanti lo stesso. Di prendersi la vita e la felicità che il quotidiano sembra determinato a sottrarre ai protagonisti. Le quattro storie che, come i sentieri intricati di un bosco, percorrono questo romanzo parlano della rabbia, figlia di un’altrettanto violenta volontà di vivere.
Come ha affermato Celestini stesso, per uscire dal mondo delle ombre bisogna imparare ad attraversarle.
PollyAnna